domenica 21 settembre 2014

Responsabilità Morale.di Padre Massimo Rastrelli.


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NUOVA EVANGELIZZAZIONE: N° 27
Per farsi una coscienza chiara. Al di là di ogni
confusione.
1.Se non c’è libertà e decisione libera non c’è mai
peccato e non c’è neppure merito. Per peccare
bisogna avere tre elementi:
1°.Materia di peccato: deve esserci un comando di
Dio contro cui volere andare.
Se la materia contro cui si va è veniale il peccato
è veniale. Se la materia è grave, andandovi contro
si fa peccato grave. Sapere quale materia è grave
o veniale fa parte della formazione della coscienza e
bisogna non immaginarlo a “modo proprio”, ma
bisogna apprenderlo da persone moralmente mature
ed autorizzate.
Per questo Gesù costituì la Chiesa dicendo quelle
celebri parole: “Andate in tutto il mondo e
predicate il vangelo ad ogni creatura”, “Chi
crederà sarà salvo. Chi non crederà sarà
condannato.”.
Quindi, per formarsi una coscienza seria ed
obbiettiva bisogna formarsi alla scuola di
sacerdoti preparati e fedeli.
Conviene anche prendere a base della propria
formazione di coscienza il Catechismo della
Chiesa Cattolica.
Chi legge assiduamente detto Catechismo si
assicura una formazione seria ed adeguata. Chi non
lo legge mai resta in una ignoranza voluta e
quindi colpevole.
2°Per peccare sia mortalmente che venialmente
bisogna prendere una decisione di peccare.
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Quindi, bisogna voler peccare.
Nel sonno e, quindi, sognando, non si pecca
mai, perché nel sonno manca ogni possibilità di
essere liberi e di deliberare.
Anche quando commettiamo atto cattivo di
sorpresa, senza rendercene conto in una
attenzione precedente all’atto, cioè quando
facciamo precipitosamente un atto cattivo,
come accade in rabbie non controllate, o nel
dire bestemmie non volute.
In questi casi ed in simili casi non
possiamo parlare di volontà deliberata, e
quindi, non possiamo parlare di
responsabilità voluta, e quindi, non possiamo
parlare di peccati di cui dobbiamo
rispondere.
Certamente dobbiamo educarci a non
rimanere travolti da detti atti precipitosi,
perché, se non ci educassimo ad un necessario
controllo, saremo responsabili “in causa”
come, appunto, dicono i maestri di teologia
morale, o anche i professori di etica.
Per poter peccare bisogna avere una piena
avvertenza psicologica e deve esserci una
avvertenza per cui siamo messi nelle
condizioni soggettive di poter deliberare.
Attenti, a giudicare della deliberata
avvertenza è Dio in persona. Dobbiamo
quindi, stare molto attenti a non illuderci
per prenderci libertà non consentite. E
dobbiamo seriamente impegnarci per formare
la nostra personale “presenza a noi stessi “ in
modo da emettere atti psicologicamente e
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moralmente responsabili: ricorda siamo
responsabili quando agiamo da svegli con
piena avvertenza e deliberato consenso.
a.Bisogna assolutamente farsi una coscienza
chiara e sicura. Perché un inganno demoniaco
molto comune e frequente è quello di
preoccuparsi di avere peccato.
Allora ci si tormenta nel domandarsi se si
è peccato o no: cioè, se si è fatto o no una
determinata azione: e, poi, ci si tormenta
nel domandarsi, se quella azione pur fatta
era peccato mortale o no: allora si entra in
una situazione di insicurezza, di paure, di
dubbio, che imprigionano e non lasciano di
vivere in pace.
Quindi, preoccupati da queste
problematiche, rimaniamo molto confusi,
prigionieri spiritualmente: non liberi e non
capaci di occuparci dei doveri quotidiani
con intelligenza libera di applicarsi con
serenità.
Quindi ci dibattiamo in molte incapacità da
cui derivano molte frustrazioni e
depressioni.
Si vede chiaro, che, a questo punto, una data
persona, si ritrova come psicologicamente
handicappata e distrutta.
Quella persona, entrerà certamente in uno
stato di sofferenza, di avvilimento e di
psicologica distruzione.
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Molte persone, facendo siffatte
esperienze, hanno finito per ritenere, che
la coscienza morale sia un male.
Quindi, si sono date ad agire senza
coscienza.
A questo punto si vede chiaro, quale
inganno morale e spirituale ha catturato
quella data persona, che resta, poi, ostacolata
ed impedita, dal vivere la fede.
Nella vita eterna, che ci aspetta, certamente
ci sarà dato di sapere e di vedere quanta
gente si è perduta, dannata perché caduta
nel “trabocchetto”, di cui stiamo parlando.
Stando così le cose, come dobbiamo
comportarci ?
Presto detto.
Quando temi di avere peccato, non
perderti mai nelle domande suddette.
Piuttosto prendi la sana abitudine di igiene
morale di dire l’atto di dolore ogni sera e, più
ancora di dire l’atto di dolore ad ogni
avvertenza timorosa di avere peccato nel
giorno presente o negli anni passati. Devi
sapere che finchè noi non moriamo, nella
attuale vita terrestre, il rapporto con Dio
viene vissuto mediante la fede. In questo
tempo, diciamo della fede, Dio ha deciso di
perdonarci subito e sempre , quando
diciamo l’atto di dolore perfetto, e in più Dio
ha deciso di perdonarci sempre quando ci
confessiamo.
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Orbene, per fare l’atto di dolore
perfetto dobbiamo responsabilizzarci
verso Dio, che ci ama e possiamo
agevolmente farlo, dicendo l’atto di dolore
proposto nel compendio Catechismo della
Chiesa Cattolica. Quindi, dobbiamo suggerire
di reagire alla frequente e ricorrente
paura di aver peccato, non discutendo di
scrupoli ed imbrogliando la nostra
coscienza; ma esercitandoci nell’atto del
dolore perfetto e, più oltre, nella pratica
della confessione frequente.
Per fare utilmente questo esercizio
dobbiamo credere assolutamente, che Dio
perdona sempre e perdona volentieri.
Debbo ricordare, che Gesù ha detto: “ Si
fa più festa in cielo per un peccatore che
si pente che non si faccia festa per
novantanove giusti che sono sempre stati
nella casa del Padre”.
3° A questo punto puoi ben capire, che nel tuo
vivere umano devi stare attento a non farti del
male. Per non farti del male devi conservare
una coscienza che è impegnata nel bene, ma
libera, serena, e tranquilla.
Per fare così devi esercitarti, non nel giudizio
per cui pensi di doverti giudicare senza
peccato, come faceva il fariseo descritto da Gesù
nell’atto di entrare nel tempio: ma devi atteggiarti
al pentimento come Gesù descrisse il pubblicano.
Evidentemente per atteggiarti a pentimento,
devi impegnarti ad esercitarti alla umiltà.
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Ma anche qui ti imbatti in una possibilità di
equivoco: volendoti impegnare nella umiltà,
verso quale umiltà ti impegnerai: verso la
umiltà pagana, che è velata superbia ?
O ti dirigerai, come devi, verso la
intelligente e buona umiltà cristiana ?
Devi stare attento: anche l’impegno tuo
per vivere l’umiltà cristiana fa parte della
formazione umana e cristiana della coscienza
morale e spirituale.
4° Veniamo a chiarire la differenza assoluta tra
umiltà pagana e cristiana.
La umiltà pagana è quella in cui ci si sente invitati
a ritenersi inferiori, minori, incapaci, e
rinunciatari.
Evidentemente, chi si mette per questa strada
dinnanzi a situazioni, che invitano ad impegnarsi e a
organizzare uno sforzo ed una fatica, l’umile in
senso pagano dirà che lui non è capace e
rinuncerà. E rinunciando dirà di farlo per
umiltà. Ma in realtà lo fa per superbia perché
vuole che altri facciano la fatica di servire.
Andiamo all’umiltà cristiana.
L’ umiltà cristiana è tutt’altra cosa.
Gesù visse verso il Padre e visse verso di noi
per riflesso un atteggiamento che fu umile
perché valorizzante. Quando Gesù disse: “Padre
glorifica me, affinché io glorifichi Te” chiese con
umiltà cristiana qualcosa che uno che vive l’umiltà
pagana non penserebbe mai di dire. La umiltà
cristiana consiste nel dare all’altro un valore:
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cioè, l’altro è un più per mio riconoscimento
ed io nel riconoscerlo superiore a me per
quel più non vengo a farmi minore anzi divento
io stesso maggiore perché chi da grandezza
acquista grandezza ed ha grandezza: perciò
Gesù diceva: “chi si abbassa sarà innalzato” e
in altro contesto diceva : “come misuri sarai
misurato”.
Se ci impegnammo nella umiltà cristiana
viviamo dando grandezza; se viviamo dando
grandezza, viviamo vivendo e acquistando
grandezza. E questa esperienza sarà una
esperienza gioiosa.
Perciò Gesù dona la gioia e comanda la
gioia.
Al contrario, se viviamo la umiltà pagana
vivremo la esperienza mortificante è riduttiva di
farci sempre più inferiori ed incapaci e questa
esperienza sarebbe incompatibile con la
gioia e la pace che Gesù comanda.
A conferma di quanto diciamo, dobbiamo
ricordare, che la persona umana più umile in
assoluto fu Maria, la quale non mostrò mai di
farsi ultima ed inferiore, ma si atteggiò in
queste parole: “ha fatto a me grandi cose
Colui che è potente e santo è il Suo nome”.
Quindi, per santificare il nome di Dio,
bisogna riconoscere, che Dio fa a me, a noi,
grandi cose, e che bisogna riconoscere, che Dio
fa grandi cose proprio nell’esercizio della sua
onnipotenza.
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Noi uomini siamo gli “impotenti”, ma vivendo
noi nella luce della Onnipotenza di Dio, che fa
a noi grandi cose, non possiamo vivere nella
tristezza dell’impotenza: ma dobbiamo vivere
nella sorpresa infinitamente gioiosa della
onnipotenza che ci investe nell’amore per cui
progetta ed attua “grandi cose”.
5° Rifletti seriamente: nell’atto di formare la tua
coscienza, devi sapere, che c’è un abbassarsi, in
cui ci si innalza e c’è un abbassarsi in cui ci si
annulla.
Conosci tu questa differenza?
Capisci tu questa differenza?
Soltanto, chi si abbassa percependo di
innalzarsi è cristiano.
Chi vive gli abbassamenti in tutt’altro senso e
deprimendosi e annullandosi certamente non è
cristiano.
Rifletti e datti da fare per creare in te una
convinzione cristiana.
6° Quanto siamo andati dicendo ci fa vedere, che
noi possiamo, per grazia di Dio e nostra
collaborazione, realizzare un profondo e grande
cambiamento interiore.
E’ evidente, che il passaggio da una coscienza
turbata, ansiosa, giudiziaria, insicura,
timorosa, disorientata e sconvolgente, ad una
coscienza tranquilla, pacificata e pacificante,
penitente, umile, non preoccupata di sé stessa
e non preoccupante cioè ad una coscienza
confidente, innamorata, innamorante, è un
passaggio dal buio psicologico e morale alla
pienezza della luce interiore.
Questo cambiamento totale è di tali evidenti
proporzioni, che deve assolutamente risultare
addirittura miracoloso.
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Si tratta di due coscienze assolutamente
diverse nella loro significanza vitale: del tutto
negativa la prima, e del tutto positiva la seconda.
Si tratta della distanza di una coscienza malata,
gravemente malata e addirittura mortale, ed
un’altra coscienza assolutamente sana, vitale e
tale da rendere responsabile e saporosa la vita
stessa.
Vivendo il passaggio dal primo al secondo stato
di coscienza, veniamo a sperimentare una realtà
della coscienza completamente nuovo e ci
dobbiamo ricordare di una incredibile parola detta da
Dio: “Ecco io faccio nuove tutte le cose”.
Ecco il discorso, che stiamo facendo, ci ha portati
a confrontarci con una di quelle tante parole di Dio
da noi sistematicamente dimenticate, perché ritenute
incredibili.
Ma come posso dire incredibile quella parola
di Dio che, come abbiamo detto, suona in questi
termini: “Ecco io faccio nuove tutte le cose”
Quando io vengo a ritrovarvi in una esperienza
di una mia personale coscienza morale
totalmente nuova.
E’ proprio vero che Dio: come dice la Genesi: “Dio
disse e fu”: Dio ha detto “Ecco io faccio nuove tutte
le cose”, ed io mi ritrovo con una coscienza morale
totalmente nuova.
E Dio mi dice: non pensare più alle cose di prima:
cioè alla coscienza morale distruttiva, che tanto ti ha
preoccupato e tanto ti ha fatto soffrire.
Le “Cose di prima” non ci sono più.
Dio dice “ne faccio di nuove”.
Ed ecco che io vengo a trovarmi con una
“novità” fatta da Dio dentro di me.
Comincerò io a rivedere me stesso in modo da
collaborare con una trasformazione di me
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stesso dal mondo delle cose vecchie, che
passano alla realtà delle cose nuove ed eterne, in
cui Dio stesso, opera con “onnipotenza”

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